Come d'aria by Sconosciuto

Come d'aria by Sconosciuto

autore:Sconosciuto [Sconosciuto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Elliot
pubblicato: 2023-01-10T23:00:00+00:00


27 novembre 2016

Da Cecilia, compagna di classe, biglietto di auguri per i tuoi undici anni (lei ne ha otto):

Daria, sei dolce come una dolciaria,

Daria, sei presente come l’aria,

Daria, tu ti sforzi come una libraia,

e io ti voglio un mondo di bene.

Diciotto

Stanotte ho sognato ancora che tu eri due. È capitato tante altre volte: sogni sempre diversi, ma con lo stesso tema ricorrente. Questa volta ti portavo dalla parrucchiera a tagliare i capelli. La cosa strana è che nel sogno – come nella vita vera – tu avevi già i capelli molto corti, perché ti avevo portata a tagliarli non più di una decina di giorni prima. Sicché nel sogno mi ritrovavo nel salone della parrucchiera con la sensazione di non sapere bene perché fossi lì, come se mi fossi sbagliata e dovessi quasi giustificare il motivo della mia presenza. Insomma, in testa avevi ben poco da tagliare. E poi, all’improvviso, ecco che diventi due: mentre tu resti nella carrozzina, accanto alla parrucchiera, io ho in braccio una seconda Daria, in tutto e per tutto uguale alla prima. Ma io so che non sei tu, è un’altra. Un’altra figlia di cui prendersi cura, di cui occuparsi, alla quale tagliare i capelli. L’altra figlia. La gemella.

Quando eri poco più che un puntino nella mia pancia, tu eri veramente due. Avevi un puntino gemello e stavate – come si sarebbe scoperto qualche settimana dopo – in due stanze vicine, ma separate. La convivenza, però, era durata poco, perché alla quinta settimana una delle due camere si era rotta. “Un piccolo distacco” aveva sentenziato la ginecologa alla vista delle perdite scure che mi macchiavano le mutande. Bisognava stare a riposo e vedere cosa sarebbe successo. Un’amica mi portò da un altro ginecologo, uno bravo, a suo dire, uno di cui ci si poteva fidare. Fece un’ecografia e vide due camere gestazionali, una delle quali si stava riassorbendo. Era avvenuto tutto proprio all’inizio della gravidanza, nessun pericolo, secondo lui, per te che abitavi nell’altra cameretta. E invece… chissà se i tuoi problemi sono cominciati in quel momento. Gli studi sull’oloprosencefalia, tra le diverse ipotesi messe in campo per trovare una ragione all’impazzimento di un gene, contemplano anche quella che il feto possa essere stato danneggiato dall’aborto di un gemello. Se fosse vero, saresti stata vittima di un tentato fratricidio.

Forse in tutti questi anni non ho fatto altro che cercare un colpevole. Qualcosa o qualcuno a cui attribuire la responsabilità di ciò che è accaduto. Un po’ come fanno alcuni malati, autoaccusandosi della propria malattia: si cerca una causa concreta perché non si accetta di essere vittime di una semplice casualità.

Perché mi sono ammalata di cancro? Forse avevo qualche colpa da espiare. Una colpa grande, la peggiore che si possa immaginare. Una colpa indicibile e quindi mai confessata ad alcuno. Riguarda te, la consegno alle tue piccole mani che accarezzano, alle gocce delle tue pupille, alle tue orecchie capaci di sentire anche un soffio, alle tue labbra costrette a custodire il segreto.

Quando diedi al tuo babbo la notizia che ero incinta di te, lui smise all’improvviso di cercarmi.



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